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Pisacane, Carlo.

Patriota e scrittore politico italiano. Di nobile famiglia, intraprese la carriera militare come ufficiale del Genio; nel 1847 abbandonò l'esercito. Soggiornò prima a Livorno, poi a Londra e a Parigi dove si arruolò nella Legione straniera. Ritornò in patria per partecipare, nel 1848, alla prima guerra d'Indipendenza. Entrato in contatto con Mazzini, fu da questo nominato capo di Stato Maggiore dell'esercito della Repubblica romana, entrando in contrasto con Garibaldi, di cui criticava le velleità dittatoriali e la mancanza di disciplina militare. Durante l'occupazione francese di Roma, si dedicò alla lettura di testi storici, filosofici ed economici del XVIII sec. e allo studio dei pensatori socialisti suoi contemporanei, in particolare di Proudhon, nel tentativo di penetrare il significato del fallimento della rivoluzione del 1848 e di formulare un nuovo programma rivoluzionario. Nei cinque anni successivi, durante i quali soggiornò a Losanna, Lugano e Londra, pose mano alla stesura di una serie di saggi in cui espose le proprie idee socialiste. La sua opera maggiore è La guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49 (1851), in cui polemizzava con Mazzini, ritenuto fautore di un mutamento di Governo puramente formale che non avrebbe trasformato radicalmente le basi della società. Secondo P. la vera rivoluzione italiana avrebbe dovuto essere una rivoluzione sociale, in grado di coinvolgere le masse, senza il cui appoggio qualsiasi programma era destinato al fallimento; il suo socialismo poneva in primo piano il problema dell'abolizione della proprietà, giungendo ad affermare il diritto di ogni individuo a godere di tutti i mezzi materiali di cui dispone la società. A Genova scrisse i Saggi storici, politici e militari sull'Italia (pubblicati postumi nel 1858-60), in cui riaffermò il primato della questione sociale su quella politica. Nel 1855 si riavvicinò a Mazzini, con cui studiò il progetto di un'azione rivoluzionaria nel Meridione. Il 25 giugno 1857 si mise a capo di una spedizione di una ventina di uomini diretta sulle coste napoletane; dopo essere sbarcati a Ponza e aver liberato 300 prigionieri, raggiunsero Sapri; qui non trovarono traccia della sperata insurrezione popolare e furono attaccati e decimati dall'esercito borbonico e dalla popolazione locale mobilitata dal clero. P., ferito, si uccise. Fu autore di alcune opere tra cui: La guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49 (1851), Saggi storici, politici, militari sull'Italia (postumo, 1858-60); Testamento politico (postumo, 1880) (Napoli 1818 - Sanza, Salerno 1857).